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King Surfer Magazine

Il Futuro che Verrà

Più passano gli anni, più esperienze si fanno nel settore in cui si opera e più si vogliono vedere cose migliori per sé e per gli altri. Nel settore sportivo, contrariamente a quanto si può credere, è più difficile anche con tutta la passione per la disciplina che, più o meno frequentemente, si pratica.

Nel nostro sport è più facile scontrarsi con la passione di altri se i valori non sono gli stessi. Perché molti hanno passione, ma non tutti hanno i valori dell’identità nazionale. Siamo in Italia e molti dimenticano, e non lo scrivo io, “che nella storia tutte le comunità si basano e trovano le loro identità nella prevalenza di tradizioni, idee e nozioni “proprie”. Semplicemente nella prevalenza dei loro valori. Una comunità può e deve definire la sua identità solo per mezzo dei suoi valori storicamente consolidati; rispetto a questi, le altre comunità sono “altre”” (G.T.). Che poi il surf è anche e soprattutto uno stile di vita, meglio ancora perché si può viverlo in tutto, dal free surfing all’agonismo, dalla natura al commerciale ampliando di molto i valori che determinano la sua identità e distinguendo con più facilità anche le diverse culture che si incontrano.

Sono questi insieme di fattori che in passato, con meno anni d’esperienza non mi hanno fatto vedere cose che oggi mi è più facile distinguere, ma che non potevo fare a meno di vivere per la troppa passione che non riuscivo serenamente a godermi come adesso. Ora sia per il ruolo di responsabilità che occupo sia per questi anni che stanno cambiando molto nella società in cui viviamo, come nel nostro settore, che rivedendo quelle situazioni mi viene un sorriso nel vedere come molte cose sono migliorate grazie anche ai valori che ho fatto miei.

In quei primi anni avevo poco o nulla da cui apprendere qualcosa, nessuno che aveva mai lasciato traccia di un lavoro italiano o che lavorava a qualcosa da cui poter prendere spunto in Italia per l’Italia. I pochi che c’erano non sono di quelle persone che lavorano per il bene di tutti e questo lo si può riscontrare facilmente oggi nell’osservare quello che non hanno lasciato, nel non aver maturato nulla per il futuro e l’evoluzione del nostro settore Surf Made in Italy. Persone che continuano a non avere valori, a non condividere e spingere verso una migliore e indipendente identità nazionale, ma al contrario continuano a privare e a far credere ai loro giovani tesserati di non poter far meglio dell’estero perché italiani.

Le uniche cose con cui mi dovevo confrontare erano quelle estere che dovevo metabolizzare per farle mie e sperimentare qualcosa che si avvicinasse di più al nostro sport e alla nostra nazione. Le tracce di quello che ho fatto sono facilmente visibili in questa nuova tecnologia internet, in questa nostra evoluzione editoriale che regala a King Surfer – Magazine Collection una migliore vetrina anche nel web.

Molte cose saranno migliorate, come è dovuto nel settore tecnologico che evolve, ma solo sperimentando che si arriva a capire la forza e il limite di dove possiamo spingerci nella ricerca, nel fare meglio basandoci solo su quello che abbiamo sperimentato e costruito fino ad oggi.
Gli errori non sono mancati, non mancheranno, ma saranno sempre quelli di un appassionato che non aveva nessuno da cui prendere esempio per la giovane storia di questo sport. Ora sono diventato molto più esigente e critico per me e per questo settore, ma gli errori che qualcuno continua, più o meno ingenuamente, a commettere hanno un peso maggiore che in passato, o almeno ora li considero tali.

Siamo cresciuti, abbiamo un’identità surfistica italiana più forte, abbiamo maturato dei valori che riconoscono questa identità, ma facciamo ancora troppa fatica per rafforzarla. In questo le federazioni non aiutano, i loro stessi media partners sono un esempio di come molte loro mentalità sono ferme a vecchi modi di agire dove il continuo rafforzare le identità straniere non ha più lo stesso valore aggiunto che poteva avere in passato quando si cercava di far salire di valore lo sport italiano accostandolo a quello estero.

Era il 1996 arriva un fax che ci anticipa l’arrivo di un grande campione internazionale, secondo quell’anno nel circuito ASP e Campione del mondo l’anno successivo. Lo ricevemmo in esclusiva con tutta l’emozione che vivevamo a quell’età con quel passato che non avevamo, quella cultura surfistica che non sentivamo ancora nostra proprio perché non c’era quel Made in Italy che ci arricchisse di una cultura sportiva e che ci facesse sentire al pari di quelle estere, eravamo noi stessi che le inseguivamo. Per me non è più così. Sono ora loro che inseguono la nostra cultura, il nostro sport, il nostro lavoro, tramite alcuni personaggi delle nostre federazioni e dei loro media partners che continuano a rendere l’Italia una comparsa del surf estero, per cercare di vendere i loro prodotti in un mercato italiano che interessa sempre a tutti… tranne a noi italiani e a chi vive questo sport che spesso è in attrito perché senza valori, senza quella voglia di sostenere il Made in Italy almeno con il 50% dei nostri prodotti di consumo: tavole, streetwear, magazine, video. Quando questo non avviene prevalgono quei siti internet, quei negozi con il 95% di tavole e prodotti stranieri dove i magazine come King Surfer o SurfRoma.com, se non pubblicizzano uno sport estero venduto nei loro store, sono banditi da non essere il fulcro, la cultura o semplicemente la comunicazione dello sport nazionale…

Questo determina un impoverimento economico e culturale del nostro sport. Basterebbe vedere il rugby italiano per rendersi conto che vive una differenza abissale con culture e capacità estere, ma ha una forte identità italiana perché basata sullo spirito e sulla passione dello sport nazionale. E questo lo rende ricco di valore.

Il mio lavoro mi conduce a vedere la Billabong, lo sponsor che continua ad avere Mark Occhilupo, che più che portare questo campione, di cui ho grande rispetto per la capacità e forza tecnica, non gli ho visto investire molto se non niente dal 1996. Lo sport italiano non è mai stato aiutato a crescere per costruire qualcosa di più importante per chi vive in Italia da questo o altri grandi brand. L’unica spinta al settore l’ho vista, ma soprattutto data con quella passione che negli anni non potevano che portarci a SurfRoma.com. All’estero invece è facile vedere iniziative sportive di molti brand che aiutano la sola economia sportiva locale per poi vederle pubblicizzate in molti dei surf media di tutto il mondo, noi ingenuamente compresi. E’ anche vero che non si vedono molte organizzazioni etiche dove poter investire e creare sinergie se non si è direttamente coinvolti, come le nostre Federazioni “insegnano”, in organismi di cui si fa già parte.

Se SurfRoma.com avesse raccontato del nuovo arrivo di Mark Occhilupo nel suo Tour promozionale nel 2008 “Icons Never Dies” è come se non avessi imparato nulla dalle mie esperienze passate, dalle mie responsabilità che vivo per il settore Italia a cui devo lasciare traccia se un domani qualcuno vorrà fare meglio anche di me.

Dal ‘96 sono passati più di 10 anni e la comunicazione che ne è venuta fuori per il brand che accompagnava il nuovo Tour di Mark Occhilupo è stato un autogol al nostro sport che esige maggiori investimenti per crescere e far crescere chi lavora all’interno di questo settore. Più che la crescita dei rider che avviene naturalmente, anno dopo anno, quello che ancora manca è una maturità sociale basata sulla consapevolezza della propria nazionalità e questo se non sono gli stessi media ad allinearsi sulle stesse responsabilità ed etiche lavorative saremo noi, con le nostre mani, a continuare a dequalificare e automaticamente ad impoverire il nostro settore, che già soffre di suo, non reinvestendo nello stesso.

Per essere più specifico se non si chiudono i redazionali gratuiti che si fanno a queste grandi aziende internazionali di surf che investono poco o niente per lo sviluppo del nostro sport in Italia, facendole passare per notizie importanti da comunicare, sarà una fine senza fine. I momentanei vantaggi che un negozio può ricevere non avranno lo stesso valore di un’identità sportiva solida, radicata e riconosciuta. Bisogna scegliere di far crescere gli atleti da cui passano questi brand che li sponsorizzano  e far uscire tramite loro le eventuali news o campagne pubblicitarie aziendali. Meno facile di quanto sembra perché ci sono degli equilibri da mantenere che solo valori condivisi renderebbero tutti coscienti dell’importanza di fare proprie determinate responsabilità, atleti per primi. Per questo non possono essere lasciati soli dalle federazioni, ma devono essere aiutati a maturare nuove mentalità per partecipare attivamente all’evoluzione sportiva se vogliono vedere maggiori ritorni economici anche per loro stessi.

Sapere che ci sono siti internet, riviste che promuovono questi brand senza un reale ritorno economico è come dire che si sono fermati ad una mentalità del 1996, cancellando continuamente le responsabilità editoriali che non vogliono far loro perché li renderebbero solo apparentemente più poveri, ma più ricchi di una nazionalità e di uno sport che spinge verso la crescita di tutti per non trovarsi ancora a rincorrere brand che continuano a non rimandare valore economico a tutto il settore Italia.

Quello che molti dimenticano è che il futuro aprirà talmente tante nuove strade che molti di questi operatori del settore, noi compresi, non avremo più forza contrattuale, già minima, nei confronti di questi brand e quindi non avremo energie necessarie da investire in nuove e avanzate tecnologie…

Inoltre è agli occhi di tutti di come le vetrine del commercio hanno ampliato, da tempo, i possibili punti visibili agli occhi di qualsiasi persona collegata a qualcosa di tecnologicamente avanzato. Hanno cominciato a vendere i prodotti per televisione che con il digitale amplificherà il fenomeno, i negozi virtuali si diffondono nella rete come quelli che un tempo erano le vetrine in strada fuori dai centri commerciali. I centri commerciali, gli outlet hanno raggiunto un numero importante sul territorio e altro che verrà….

Ho come l’impressione che le sfide e la soddisfazione delle nostre federazioni, insieme ai loro “media partners”, sembrano essere solo quelle di fare meglio di SurfRoma.com o di un Magazine storico come “King Surfer”.  Vivono nella soddisfazione di pubblicare prima degli altri le notizie on line e di non menzionare il nostro costante lavoro italiano. Non vedo ambizioni, non vedo lo stesso valore da raggiungere nel qualificare l’identità nazionale, anche se stanno migliorando lentamente trascinati dalla nostra spinta, ma si fermano a renderla solo come una piccola comparsa di brand stranieri. Così continueremo a non lasciare traccia del Made in Italy a chi leggerà in futuro di questo sport e sarà sempre più difficile fare meglio di quello che non si è fatto fino ad oggi senza quei riferimenti, quei valori raggiunti, alla base di qualsiasi identità nazionale, e magari a fare semplicemente meglio, nel mio piccolo, anche di me.

Per gli altri mi è facile vedere che gli atleti non raggiungeranno mai una crescita se le news continueranno a privarli della responsabilità degli sponsor che portano non favorendo una loro matura identità. Si continua ad avere troppa pubblicità e informazione estera a quella nazionale che può invece puntare a sperimentare nuove forme, più o meno commerciali, basate solo sulla crescita, a questo punto obbligata di tutti, atleti per primi.

Buon lavoro a chi verrà, ma oggi siamo ancora noi a tracciare il futuro di questo sport in Italia con l’identità e i valori che contraddistinguono da sempre il lavoro e le responsabilità sportive di questo prezioso Gruppo Editoriale.

Enjoy Your Life
Keep Surfing

L’Editore

Roma (Italia) – 5 Marzo 2009

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